Relazione

Non è fondamentale, nell’ambito di una relazione che dovrebbe rappresentare aspetti puramente tecnici, scrivere in un italiano corretto ed utilizzare termini ricercati riportati, a volte, da Umberto Eco nei suoi capolavori o da Giampiero Mughini negli interventi televisivi in cui, spesso, assume il ruolo di mattatore; pur tuttavia appare oggettivamente eccessivo il disinvolto uso di un repertorio linguistico che innesca un sorriso amaro in chi ha la sventura di leggere qualche “consulenza” che, già di per sé, è spesso lacunosa nei contenuti e lo diventa ancor più se si vuol carpire l’intima essenza di ciò che si sarebbe voluto esporre.

A qualcuno non piacerà questo argomento e non leggerà il proseguo ma ritengo che esso sia elemento che contraddistingue ognuno di noi, periti assicurativi, visto che proiettiamo la nostra immagine professionale anche attraverso i nostri elaborati e non solo attraverso le nostre verbali autocertificazioni: sembra opportuno, quindi, rompere gli indugi e tentare, ancora una volta, di esporre il mio pensiero che, è inutile negarlo, spesso collima con i “puri e duri” di quella frangia che difende il diritto di esistere anche agli errori ed agli orrori ortografici quasi fossero una minoranza etnica da preservare!

A costoro va tutto il mio biasimo poiché non vogliono intendere che il sottoscritto non professa l’omicidio di essi ma invoca, semplicemente, che abbiano a riportare ferite gravissime tanto da necessitare un lungo ricovero in un qualsiasi ospedale ove un buon medico, magari il primario dottor Dizionario della Lingua Italiana, li possa curare.

Credo sia inconcepibile scrivere – per due volte nell’ambito della medesima relazione – che “questo CTU, sempre rende dotto il Sig. Giudice sul comportamento dell’obbligato” atteso che il profondo autolesionismo viene inferto proprio da chi ha ad esprimere tale concetto in cui la parola “edotto” viene ghigliottinata di netto forse anche perché non se ne conosce né il significato e nemmeno l’esistenza.

relazione

Magari ciò che si è tolto al verbo edurre (dal Latino edocere, informare) lo si è donato al pronome “ce” visto che, in altra parte, si legge “se mai c’è ne fosse necessità” senza intendere che no, non vi era necessità di un apostrofo e di un accento in una breve parola composta da due sole lettere.

La relazione che sto leggendo è pregna di tali errori e suscita, per davvero, moto di ilarità che, si badi bene, non sfocia nello scherno ma piuttosto nell’amarezza; non è possibile riportare i tanti strafalcioni che essa contiene poiché la si dovrebbe trascrivere … tutta e, d’altra parte, non è nemmeno possibile rimandare a scuola elementare l’autore.

Tentando di accontentarmi di quel che passa il convento ho sperato che, almeno, la parte tecnica abbia un ben più rigoroso fondamento ma la disillusione è presto arrivata: questo “cittiuncolo” afferma che la formula

formula

si riferisce al calcolo della relativa velocità di fuga dopo l’urto è non trova applicazione giacché siamo in presenza di un urto di lieve entità avvenuto a bassa velocità”.

Soprassedendo sulla “è” (verbo essere) che doveva raffigurare, viceversa, una semplice congiunzione si provvede ad ampliare un concetto che, per galanteria, era stato precedentemente espresso in forma sommessa: l’ignoranza regna sovrana!

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5 Risposte

  1. Giovanni Sciuto ha detto:

    Peccato averlo letto il 26 aprile. Avrei potuto godere della ‘liberazione’. Ma non è cosi!

  2. IO ha detto:

    Sempre a pensar male… Il consulente in questione è di certo un estimatore dei classici Disney (specificatamente “Biancaneve”) e nella fattispecie voleva rendere il Giudice soltanto un ben più simpatico nano.

  3. Giovanni Sciuto ha detto:

    Quale che sia il contenuto di un qualsivoglia commento, se si è convinti e consapevoli di quello che si pensa, senza innescare polemica alcuna, bisognerebbe, come si suole dire, “metterci la faccia”.

    • fausto sarnataro ha detto:

      In questo blog non verrà censurato mai nessun commento ma ciò che affermi è assolutamente legittimo e si coglie l’occasione per sollecitare gli “anonimi” a metterci la faccia.